Si pubblicano troppi libri?

nel frattempo diminuiscono i lettori; quindi che senso può avere incrementare un mercato in decrescita.

Se si pensa alle tante librerie presenti in Italia, piene di scaffali e pochissimi visitatori, qualche dubbio viene.

In Italia il numero di titoli pubblicati continua a crescere anno dopo anno, anche se i lettori diminuiscono. L’offerta funziona quindi indipendentemente dalla domanda e questo sovverte apparentemente ogni regola del mercato… a meno che non si pensi a un mondo di “pazzi” votati al lavorare in perenne perdita.

La risposta quindi deve essere da qualche altra parte e allora, leggendo qua e la, mi sono fatto un’idea dei meccanismi, per quanto contorti e strani, che riguardano il mondo dell’editoria e il mercato di cui fanno parte le case editrici che continuano a sfornare libri su libri… pur sapendo che più della metà ritorneranno indietro invenduti.

La domanda e l’offerta

Nel 1919 furono pubblicate 5.390 novità editoriali e fino al 1956 erano più o meno le stesse tirature (5.653) ad essere sfornate di anno in anno. Nel 1970 possiamo vedere un dato triplicato (15.414) di cui sicuramente è complice il boom economico post guerra e infatti, nel 1984, erano salite solo a 21.063… circa 6000 novità in più in circa 14 anni di crescita demografica e crescita economica che il nostro Paese stava ancora vivendo all’epoca.

Poi qualcosa è cambiato arrivando fino al 2015 anno in cui, nonostante già in corso un forte crisi economica e del libro, le proposte editoriali sono di circa 65 mila titoli in formato cartaceo più 63 mila in formato ebook. Un aumento di circa il 5% rispetto al 2014 altro anno in cui la crisi editoriale era già in essere. Una media quindi di 178 libri nuovi al giorno e circa 40 titoli l’anno nuovi per ogni casa editrice.

Una mole infinita di proposte che non ha accennato a diminuire anche in questi ultimi anni, per una popolazione che di media legge 3/4 libri all’anno (media alzata dai pochi impavidi che ne leggono più di 5 all’anno)

Che senso ha allora pubblicare tutti questi libri ed avere un’offerta letteraria tanto fornita, se poi si sa che la maggior parte dei testi resterà invenduti?

Quattro ragioni, una in particolare

Da quello che ho capito informandomi in rete, i libri aumentano nonostante la diminuzione dei lettori per complesse ragioni, che hanno a che fare con:

1. le caratteristiche merceologiche del libro;
2. il permanente valore socio-culturale del libro;
3. il progressivo miglioramento delle tecnologie di produzione che hanno ulteriormente abbassato i costi d’accesso all’editoria, permettendo a chiunque di auto-pubblicarsi;
4. le modalità di vendita del libro.

I libri sono prodotti industriali ma non possono essere prodotti in serie come le pelate in quanto ogni “prodotto” è diverso dagli altri pur facendo parte di un genere e pur essendo indirizzato a un pubblico. C’è poi da tenere in considerazione la notorietà dell’autore che fa tutta la differenza di questo mondo dal vendere molte copie, poche o pochissime nei casi in cui sia un esordiente da far conoscere (tanto lavoro – poco certezza di risultato).

Quindi non è possibile fare troppe previsioni o quanto meno precise previsioni sopratutto nel caso in cui il “nome” dietro l’opera sia poco noto se non proprio sconosciuto. Questo spinge gli editori (sopratutto coloro che collaborano con autori meno noti) ad aumentare il numero di titoli in catalogo nella speranza di imbroccare il bestseller che metterà a posto i conti (o a puntare sulle serie, specialmente su poliziotti e investigatori privati che permettono di cercare di fidelizzare i lettori e farli crescere uscita dopo uscita).

I libri inoltre sono usati anche come biglietti da visita che danno all’editore e all’autore non solo prestigio, ma anche una sorta di indotto fatto di presentazioni, collaborazioni, eventuali finanziamenti istituzionali. È il prestigio sociale e il guadagno indiretto la vera ragione di esistenza di centinaia di editori che lavorano in perdita e di migliaia di autori che, di fatto, lavorano gratis.

A queste ragioni se ne aggiunge una quarta: la vendita di libri funziona in modo da rendere più conveniente per l’editore, almeno sul breve periodo, aumentare il numero di titoli.

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Come funziona quindi il mercato del libro?

Partiamo dal precisare che un Editore incassa sul distribuito, ma guadagna sul venduto.

È un meccanismo finanziario che favorisce l’incremento di produzione anche in assenza di vendite poiché se un editore riesce a distribuire 5mila copie di un libro da 10 euro, riceve un assegno pari al 40 per cento della merce che ha immesso sul mercato (il 60 per cento va al distributore che rivende i libri al libraio con uno sconto del 35-38 per cento sul prezzo di copertina). Con questi 20 mila euro l’editore paga il tipografo, la carta, il grafico e la redazione. Ma siccome il pagamento avviene dopo almeno tre mesi, i soldi deve anticiparli di tasca propria o fare una fideiussione presso la sua banca, dando in garanzia l’assegno. Quindi in sostanza si fa anticipare i soldi da una banca pagando in anticipo quel 40% d’incasso (assegno) che vedrà a tre mesi circa.

Ora non va dimenticato che in Editoria esiste il diritto di resa: cioè il libraio rende i libri che non ha venduto e si fa ridare i soldi dall’Editore. Ovviamente è difficile che un Editore dia materialmente i soldi indietro, molto più probabile che pattuisca delle forme di sconti sugli acquisti successivi. Questo sia per non mettere materialmente mano alla tasca, sia per tenere in qualche modo legato il librai con quel credito vantato.

In Italia le rese sono mediamente del 60 per cento… di media considerando le grosse case editrici che piazzano più titoli (meno reso) e le minori che magari hanno anche un reso dell’80 per cento!

Pensando al nostro Editore che ha intascato i 20 mila euro con i quali ha pagato (anticipati dalla banca per la qual cosa si prende una somma) tutto il lavoro. Si ritroverà molto probabilmente a dover pagare il distributore per riportare indietro i libri invenduti e in più emettere un credito nei confronti dei librai per i resi effettuati. In pratica, un bagno di sangue! La strada più semplice per uscirne (o quanto meno sopravvivere) è stampare un altro libro in modo da avere un altro assegno con il quale risalire in giostra e ripetere l’operazione nella speranza di centrare il titolo che metta a posto i conti.

Naturalmente non va sempre così. Può succedere che un libro o più di uno vendano tutte le copie della prima tiratura e siano ristampati. In questo caso l’editore guadagna e può (magari) ripianare le perdite. Inoltre gli Editori sanno che aumentare troppo i titoli porterà prima o poi al fallimento quindi stanno a attenti a non esagerare nel rapporto venduto/ritirato/nuove proposte.

Ne parla certamente meglio di me Chiara Beretta Mazzotta, su Bookblister.

Ecco spiegato perché si pubblica tanto ma la domanda è, quando le case editrici cominceranno anche a investire in cultura della lettura? Tutte che sperano che si vendano i loro libri e quasi nessuna che si preoccupa di incentivare la cultura del libro… e non parlo di fare fiere, feste e sagre, parlo di sponsorizzare la cultura del leggere attraverso iniziative che dai più giovani ai più anziani possano far nascere (o rinascere) il piacere di annusare dei fogli di carta stampata!

Grazie dell’attenzione, Paul D. Dramelay